tenzione AIDEA
“Tendenze evolutive del management nel settore immobiliare:
continuità e cambiamento”
Coordinatore Prof. Roberto Cafferata,
Referente CD AIDEA: Prof. Alessandro Carretta
1. Gli obiettivi della proposta
Con il presente documento si propone, all’interno dell’Accademia Italiana di Economia Aziendale, la costituzione di un Gruppo di Studio e di Attenzione (GSA) volto ad analizzare le principali tendenze evolutive caratterizzanti il management immobiliare. In tale ambito, in particolare, si intende dedicare attenzione specifica all’auspicata crescita di attività, professionalità e dinamiche relazionali in grado di far fronte alle criticità oggi legate al tema dello sviluppo sostenibile.
Il settore immobiliare ha sempre avuto peso specifico primario nell’economia mondiale ed europea e, ormai da anni, esso svolge un ruolo significativo anche nell’economia nazionale, con un valore aggregato della produzione in Italia stimato, nel 2009, in oltre 106 miliardi di euro ed un’occupazione complessiva di circa 330.000 addetti nei suoi vari comparti (Scenari Immobiliari, 2010). E’ noto, peraltro, che la più recente crisi finanziaria internazionale abbia le sue riconosciute origini proprio nei problemi relativi ai mutui subprime legati al comparto residenziale statunitense.
Alla luce delle considerazioni svolte, l’analisi proposta dal presente GSA propone un output di ricerca atteso che può risultare di rilievo non soltanto sotto il profilo teorico e conoscitivo. Esso, infatti, può presentarsi di non marginale utilità anche dal punto di vista pratico, stante la possibilità di fungere da valido strumento di supporto nei processi decisionali attinenti alla pianificazione ed implementazione di policy settoriali nazionali ed internazionali, sia a livello macro che micro-economico.
2. Il quadro di riferimento teorico
Il settore immobiliare sta assumendo rilevanza sempre più evidente nell’economia mondiale, anche alla luce del rapporto di causalità che lo lega alle recenti tendenze recessive riscontrate nel prodotto interno lordo dei maggiori paesi industrializzati. Il tema della gestione delle imprese immobiliari e degli altri player della filiera risulta, pertanto, particolarmente strategico non solo per la rilevanza finanziaria del settore in quanto tale, ma anche per gli effetti che esso è in grado di generare su altri settori correlati (Manning, Roulac, 2001; Acoba, Foster, 2003; Dombrow, Turnbull, 2004; Lindholm et al., 2006; Ali et al.,2008; Liow, Nappi-Choulet, 2008).
Nella letteratura internazionale di taglio aziendalistico il management immobiliare è correntemente associato a quella specifica disciplina conosciuta come corporate real estate management (CREM). Quest’ultimo viene tipicamente concettualizzato come quella particolare area di ricerca che indaga circa le modalità ottimali, da parte delle imprese o di altre organizzazioni complesse, di gestione del proprio portafoglio immobiliare nell’ambito delle proprie finalità generali di produzione di beni e servizi (Gale, Case, 1989; Brown et al., 1993).
Si può ricondurre la nascita del CREM, quale specifico filone di ricerca, all’inizio degli anni ’80, periodo nel quale emergono, soprattutto nella letteratura manageriale internazionale di matrice anglosassone, i primi studi sulla rilevanza, sottovalutata fino a quel momento, delle proprietà immobiliari sulle complessive performance aziendali (Zeckhauser, Silverman, 1983; Veale, 1989; Nourse, 1990, 1992; Duckworth, 1993; Apgar, 1995; Becker, Joroff, 1995; Roulac, 1995; Manning, Roulac, 1996; Carn et al., 1999).
Ciò premesso, tracciando la successiva evoluzione delle direzioni di ricerca del CREM, Manning e Roulac (2001) osservano due momenti differenti, a cui corrispondono cambiamenti di prospettiva nell’analisi della funzione ricoperta dai portafogli immobiliari nel patrimonio delle imprese industriali e commerciali.
Fino ai primi anni ’90, infatti, la prospettiva di indagine del corporate real estate ha un orientamento prevalentemente giuridico e finanziario (c.d. Real Estate Finance). Essa è volta ad indagare la legislazione, gli strumenti e le tecniche di finanziamento delle operazioni legate all’acquisto di asset immobiliari, senza prestare particolare attenzione ai riflessi economico-gestionali della presenza degli asset stessi tra gli investimenti di impresa.
A questa tradizionale impostazione si aggiungono progressivamente contributi che focalizzano l’attenzione sul management dei portafogli immobiliari in modo non disgiunto dagli obiettivi di lungo periodo dell’impresa (Hoffman et al., 1990; Nourse, 1992, 1994; Nourse, Roulac, 1993; Apgar, 1995; Becker, Joroff, 1995; Roulac, 1995; Lambert et al., 1995; Manning et al., 1997; Carn et al., 1999; O’Mara, 1999).
Le tematiche principali di questo nuovo filone di studi fanno riferimento sia al ruolo svolto dalle consistenze immobiliari nel capitale economico delle imprese industriali, soprattutto in termini di impatto sul core business, sia alla relazione tra valore aziendale e valore immobiliare, in termini di contributo delle strategie immobiliari ai processi di creazione di valore (Ferrero, 1995).
Si consideri, inoltre, come – nell’ambito del CREM – assumano, nel tempo, peso sempre più rilevante anche quelle attività più direttamente focalizzate alla gestione dei portafogli immobiliari nel medio e breve termine.
Nella più evoluta impostazione dottrinale, il CREM contempla dunque «external and internal dimensions, as well as both business concerns and real estate concerns» (Manning, Roulac, 2001: 8). La dimensione esterna del CREM coinvolge i consumatori, i competitor ed il settore immobiliare, mentre la dimensione interna comprende le business operations, le risorse umane, il sistema informativo e quelli definiti come «real estate support services» dell’impresa (Materna, Parker, 1998).
Ciò asserito, non ci si può astenere dall’osservare, come, in parziale contrasto con il risalto sempre crescente assunto dal CREM in ambito internazionale, soltanto parzialmente – nella letteratura nazionale – si siano finora evidenziati lavori specificamente rivolti ad approfondire tale disciplina, soprattutto nella sua visione più integrata. In Italia, in particolare, soltanto a partire dalla fine degli anni ’90 cominciano ad emergere studi che riconoscono il management immobiliare come un efficace strumento di redditività e di valorizzazione del patrimonio d’impresa (Tronconi et al., 2002; Tavoletti, 2007; Aa.Vv., 2010; Cafferata et al., 2011).
L’evidenziata lacuna, peraltro, appare di particolare rilevanza se si considera che il settore immobiliare svolge, ormai da anni, un ruolo significativo nell’economia europea e che, almeno negli ultimi vent’anni, rilevanti trasformazioni sono intervenute nella filiera immobiliare continentale e nazionale. Tra i cambiamenti principali:
a) la tendenziale finanziarizzazione (Morri, 2002; Cacciamani, 2005; Giannotti, 2005), ossia la gestione dei patrimoni non più soltanto in base alle caratteristiche intrinseche, sia fisiche che architettoniche, degli immobili, ma anche e soprattutto in funzione di logiche economico–finanziarie che riflettono le potenzialità di generazione del reddito, a fronte dei necessari costi funzionali e di manutenzione;
b) la terziarizzazione, con il progressivo sviluppo di soggetti specializzati in servizi alla filiera nel suo complesso (Osservatorio sul mercato immobiliare, 2004);
c) l’internazionalizzazione, che espone oggi tutti gli operatori della filiera alla concorrenza internazionale (Assoimmobiliare, 2008).
A fronte di tali cambiamenti, si sono contestualmente registrate anche delle variazioni nelle logiche di funzionamento della filiera. Tutto ciò ha fatto sì che oggi risultino in essa attivamente coinvolti sia gli operatori tradizionali che nuovi soggetti, dalle cui interazioni scaturiscono importanti innovazioni nelle dinamiche relazionali e nella produzione immobiliare a livello sistemico. Secondo accreditati studi, si può dunque affermare che la filiera è oggi scomponibile in tre ambiti prevalenti (Soens, Brown, 1997; Tronconi et al., 2002; Aa.VV., 2010; Cafferata et al., 2011):
Oggigiorno, tutti questi ambiti di attività sono chiamati ad attente riflessioni circa un comportamento professionale che, nell’opinione dei policy maker, ponga sempre più al centro del management immobiliare il tema della sostenibilità.
2.1. Management immobiliare e sviluppo sostenibile
Pur se declinato, nel corso degli anni, in più forme, il concetto di sviluppo sostenibile ha sempre sostanzialmente ereditato la prima definizione contenuta nel rapporto Brundtland (1987), in cui esso viene considerato come «lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente, senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri».
La Commissione Brundtland, nota formalmente come la World Commission on Environment and Development, prende il nome dal suo Presidente Gro Harlem Brundtland e viene istituita dalle Nazioni Unite nel 1983. Tra i principi fondanti dello sviluppo sostenibile, i seguenti, negli anni, sembrano aver più convergentemente riscosso il consenso dei policy maker: i) necessità di integrare la dimensione economica, sociale ed ambientale dello sviluppo; ii) equità inter-generazionale ed infra-generazionale; iii) rapporto dialettico tra dimensione globale e locale dello sviluppo (think globally, act locally); iv) necessaria attenzione al soddisfacimento dei bisogni e delle aspettative della collettività sociale(Frey, Iraldo, 2000; Frey, 2005).
Per quanto concerne i possibili ambiti di applicazione dei richiamati principi (Fondazione per la Cittadinanza Attiva, 2006), può essere colta una prima rilevante distinzione tra l’ambito della “conformità”e quello della “proattività”: il primo è da intendersi come il sostanziale rispetto, da parte delle imprese, di standard etici e normativi internazionali e nazionali o l’adesione a sistemi di certificazione riconosciuti; il secondo è da intendersi, invece, come la volontaria promozione di azioni di sviluppo sociale di diverso tipo che siano, tuttavia, concettualmente ben più vaste rispetto a mere attività filantropiche (Derber, 2003; Moro, Profumo, 2003; Waddock, 2006).
Per quanto concerne, invece, gli ambiti dimensionali, vi è la possibilità di distinguere tra una dimensione “strutturale” ed una dimensione “relazionale”. Alla prima possono essere riconducibili tutte quelle componenti che contraddistinguono l’organizzazione complessiva, nonché il management stesso di un’impresa, tra cui, ad esempio: la corporate governance, i sistemi di controllo e di gestione, le risorse materiali ed immateriali, la caratterizzazione della catena del valore, il know how umano.
Nella dimensione relazionale rientra, invece, il complessivo rapporto – ed il potenziale engagement – degli stakeholder dell’impresa, intesi – à la Freeman – come «groups and individuals who benefit from or are harmed by, and whose rights are violated or respected by, corporate actions» (Freeman, 1998: 174).
Tutto ciò premesso, i principi della sostenibilità stanno assumendo, in maniera sempre più rilevante, peso specifico in tutte le attività afferenti al management immobiliare, a partire proprio dall’attività edilizia di sviluppo e costruzione, che ne costituisce il pilastro.
Quest’attività, infatti, rappresenta, come noto, una di quelle a più alto impatto ambientale. I motivi sono molti e spaziano dal consumo di territorio, al fabbisogno energetico necessario allo sviluppo e alla realizzazione di un progetto immobiliare.
In particolare, per edilizia sostenibile (o green building) si intendono comunemente quell’insieme di scelte ingegneristiche, architettoniche e gestionali volte alla progettazione, costruzione e management degli immobili in ottica d’integrazione ottimale tra fattori ambientali, sociali ed economici. Scelte, queste, che devono mirare a creare un attento bilanciamento tra “benessere delle generazioni attuali e benessere delle generazioni future”.
Nella richiamata ottica, ad esempio, risulta sempre più importante creare e usare sistemi di certificazione energetica ed ambientale per valutare la qualità degli edifici durante tutto il loro ciclo di vita. In questo senso, un particolare prestigio è oggi riconosciuto alle certificazioni dei sistemi LEED (Leadership in Energy and Environmental Design) e CasaClima.
Il LEED è un sistema di certificazione energetico-ambientale degli edifici di matrice statunitense. LEED oggi non solo è uno dei sistemi di certificazione più diffusi nel mercato delle costruzioni nordamericano, ma si sta affermando anche in Italia per iniziativa di GBC Italia, Green Building Council Italia.
I parametri del LEED servono per valutare ed attestare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica degli edifici, dalla fase di progettazione fino alla gestione quotidiana, avvalendosi di un sistema fondato sull’attribuzione all’edificio di un punteggio, riconosciuto sulla base della verificata conformità dell’edificio stesso a diversi requisiti o “crediti”.
Il certificato CasaClima promuove metodi di costruzione edile che soddisfano il principio del risparmio energetico e della tutela dell’ambiente. Questo sistema valuta l’efficienza globale degli edifici dal punto di vista dei fabbisogni energetici di climatizzazione e di produzione di acqua calda a uso sanitario.
In sintesi, tra i principali player immobiliari internazionali, la sostenibilità dei progetti immobiliari sta diventando un motore primario per la valutazione dei nuovi piani di sviluppo, ivi comprese anche le possibili operazioni di riqualificazione delle città e del loro hinterland. Questo significa considerare gli edifici “verdi” come una nuova e specifica asset class, considerazione suggerita, peraltro, anche da recenti evidenze in proposito (Giavi Langosco J., 2010).
In particolare, uno studio condotto, nel 2009, dall’Union Investment Real Estate Gmbh, primario gruppo di investimento tedesco, ha fornito specifica contezza sul fatto che i “sustainability criteria” stanno entrando inequivocabilmente – e in misura sempre crescente – in molti dei più significativi progetti immobiliari di corrente o prossimo sviluppo.
Tale studio, in particolare, ha interessato oltre 220 società immobiliari e istituzioni finanziarie operanti nell’industria immobiliare europea. Da esso è emerso che il 63% degli intervistati intende, in futuro, investire maggiormente in edifici sostenibili, ovvero a basso consumo di fonti energetiche tradizionali, ad alta valorizzazione delle energie rinnovabili e con alta attenzione per le diverse categorie di stakeholder interessate al più ampio sviluppo urbano.
3) Metodologia di lavoro e principali risultati attesi dal GSA
La ricerca proposta dal richiesto GSA prevede l’implementazione di cinque processi sequenziali: 1) analisi della letteratura; 2) definizione ipotesi e condivisione degli obiettivi operativi della ricerca; 3) field work; 4) analisi dei risultati e identificazione modelli manageriali di successo; 5) fertilizzazione dell’esperienza.
Ai fini del perseguimento degli obiettivi generali del progetto e delle sue singole finalità particolari, verranno condotte analisi quali-quantitative che si avvarranno dello svolgimento di interviste, della raccolta di case histories, della consultazione di database statistici, di simulazioni matematiche, nonchè dell’interpretazione di bilanci aziendali e reports attinenti alla comunicazione economico-finanziaria.
L’analisi, in particolare, si avvarrà della fattiva collaborazione con qualificati operatori nazionali ed internazionali attivi, da tempo, nei diversi comparti del settore immobiliare.
La fertilizzazione degli output di ricerca si sostanzierà nell’iniziale produzione e divulgazione di risultati intermedi, attraverso working papers da presentare a conferenze e articoli da sottoporre a riviste scientifiche nazionali ed internazionali. Si organizzerà, infine, un convegno scientifico che si avvarrà della presenza di un panel di esperti internazionali e nazionali sul tema. I risultati finali della ricerca verranno pubblicati in un’opera collettanea.
4) Componenti del Gruppo già individuati nella fase costituente
1) Prof. Roberto Cafferata, Professore Ordinario nell’Università di Roma Tor Vergata
2) Prof. Cristiano Ciappei, Professore Ordinario nell’Università di Firenze
3) Prof. Vincenzo Formisano, Professore Associato nell’Università di Cassino
4) Prof. Corrado Gatti, Professore Associato nell’Università Sapienza di Roma
5) Prof. Claudio Giannotti, Professore Straordinario nell’Università LUM Jean Monnet di Casamassima
6) Prof.ssa Maria Rosaria Napolitano, Professore Ordinario nell’Università del Sannio
7) Prof.ssa Paola Paniccia, Professore Ordinario nell’Università di Roma Tor Vergata
8) Prof.ssa Cosetta Pepe, Professore Ordinario nell’Università di Roma Tor Vergata
Hanno inoltre aderito al GSA:
– Massimo Biasin , Università di Macerata
– Massimo Risso, Unisu
5) Periodo previsto per lo svolgimento della ricerca
Si prevede di completare la ricerca entro la fine del 2012.
Le adesioni al GSA sono aperte fino al 30 settembre 2011
Per aderire al GSA contattare il Coordinatore
Prof. Roberto Cafferata,
Università di Roma Tor Vergata
E-Mail: cafft2002@yahoo.it
Ufficio: 06-72595818