CRISI DELL’AZIENDA PARTECIPATA DALLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
La crisi che ha investito il sistema economico nazionale non ha lasciato indenni le società partecipate dalle amministrazioni pubbliche territoriali.
Destinatarie dell’affidamento di servizi strumentali agli stessi enti pubblici proprietari o della gestione di servizi pubblici per le loro comunità, nella fase della loro introduzione nell’ordinamento giuridico pubblicistico sembrava operassero in un mercato protetto in cui potevano solo prosperare. Successivamente (la norma che diede avvio all’intero processo si potrebbe individuare nella legge n. 296/2006 che correlò i compensi dei componenti dei cd’a di dette società a quelli dei politici) il legislatore cercò di disciplinare con leggi speciali gli istituti societari a partecipazione pubblica locale, anche se in modo incoerente. La relativa normativa è stata oggetto di una turbolenta legislazione (ben 11 modifiche tra il 2010 e il 2012) caratterizzata dal referendum abrogativo dell’art. 23bis della Legge n. 133-2008 e dall’incostituzionalità dell’art. 4 del DL n. 98-2011.
Oltre alle difficoltà generate dalla norma nazionale di riferimento, per cui rimane sempre quella europea la stella polare della disciplina, le società a partecipazione pubblica presentano maggiori difficoltà operative rispetto a quelle private che di fatto riducono gli strumenti a disposizione del management per superare la crisi di liquidità che ha investito l’intero sistema.
In premessa è importante osservare che dette società nella maggior parte dei casi, oltre a eludere gli obblighi delle procedure amministrative in materia di assunzione del personale e dei contratti pubblici (Sezioni riunite Corte dei conti sentenza n. 13-2008), fungevano da polmone finanziario per consentire l’erogazione di servizi che gli enti pubblici non avevano più la possibilità di sostenere considerando anche l’allora politica fiscale di non incremento del prelievo. Pertanto, stante le premesse riportate, la ricerca che si intende condurre è orientata a individuare e proporre soluzioni per il superamento delle criticità della normativa speciale che preclude gli strumenti a disposizione del management per governare la crisi aziendale.
Essa, dopo aver descritto lo stato dell’arte, sinteticamente può essere articolata nei seguenti punti:
1. individuazione di un nuovo inquadramento della normativa delle società a partecipazione pubblica non più tra strumentali (che devono essere liquidate) e di servizi pubblici locali (che possono essere conservate a determinate condizioni);
2. individuazione degli strumenti per superare le crisi finanziarie delle società pubbliche (al momento costrette nei divieti di ricapitalizzazione salvo il caso in cui ricorrano le condizioni dell’art. 2447 cc o per nuovi investimenti, mancato accesso per alcune alle procedure concorsuali per assenza del presupposto soggettivo, limiti all’indebitamento degli enti soci che non consentono fideiussioni a favore delle proprie società, etc.);
3. individuazione di uno specifico principio contabile per il trattamento e la rappresentazione contabile dei beni demaniali presenti nel patrimonio societario e di come quantificarne la partecipazione ai costi del servizio che devono trovare copertura nella relativa tariffa;
4. individuazione del modello di governance che argini le responsabilità degli enti soci che, nei casi in cui esercitino il controllo “analogo”, potrebbero essere solidali rispetto al debito societario (non solo nei casi di cui all’art. 2497 cc);
5. individuazione dei principi che disciplinano la tesoreria anche per le società a partecipazione pubblica (ciò impedirebbe pignoramenti su altri soggetti oltre al tesoriere e garantirebbe l’impignorabilità delle somme necessarie all’assolvimento del servizio pubblico essenziale);
6. individuazione delle procedure del controllo analogo sugli organismi partecipati e contenuti minimi del controllo di questi ultimi da parte degli enti proprietari;
7. individuazione delle regole per la nomina e composizione degli organi societari oggi condizionate dalla normativa sull’anticorruzione.
Le risultanze conseguenti all’approfondimento sullo stato dell’arte sopra richiamato consentirebbero di formulare la proposta di un nuovo modello teorico e normativo per disciplinare meglio gli aspetti caratteristici dell’autonomia di governo, di gestione e di controllo di queste società.
Pertanto, nell’elaborazione dei risultati dell’indagine occorrerà indagare con particolare attenzione i seguenti punti:
a) il modello di governance del gruppo (o almeno il modello governance della azienda partecipata e dell’ente locale da cui è sorta) con opportuna specificazione delle relazioni e delle regole che li disciplinano; analisi e valutazione dei ruoli decisori e di controllo che esistono e che operano tra l’ente e la/le partecipate;
b) i riflessi della riforma sull’armonizzazione dei sistemi contabili secondo cui gli enti devono introdurre dal 2015 la contabilità economica, pertanto occorre individuare e definire le regole del bilancio dell’azienda partecipata (da sola) ed in relazione al bilancio consolidato;
c) le cause e gli effetti delle condizioni di crisi di natura finanziaria e/o economica delle aziende partecipate. Esse possono dipendere da fattori esterni alla azienda partecipata e/o da fattori propri dell’ente locale? Da altro?