Il Ministero dell’Università e della Ricerca (MIUR) ed il suo organismo deputato alle valutazioni, l’ANVUR, hanno scelto l’Impact Factor (IF) quale metro della qualità delle pubblicazioni e quindi del valore di un docente universitario nell’ambito della ricerca. Tale criterio è sostanzialmente basato sul numero di citazioni che un prodotto scientifico/rivista/docente riceve nei lavori di colleghi. In questo senso il criterio bibliometrico premia anzitutto la diffusione, la notorietà di un articolo pubblicato su una rivista nel contesto scientifico di riferimento.
Al di là dei profili squisitamente tecnici con i quali può essere declinato il criterio bibliometrico ed relativi approfondimenti, è opportuno domandarsi sul senso profondo di tale scelta in relazione all’ambito disciplinare di riferimento. Per far questo si deve arrivare a scomodare temi abbastanza complessi che in sostanza poggiano sulla questione del ruolo della scienza nella società, ossia su quale debba essere l’obiettivo ultimo della ricerca in un determinato ambito disciplinare.
In effetti l’assunto di fondo che anima il sistema bibliometrico è che la qualità della ricerca svolta da un docente universitario debba essere valutata tramite l’influenza che le sue opere (prodotti scientifici) hanno avuto sui colleghi docenti universitari e che risulta dalle opere pubblicate da questi ultimi.
Si può percepire un certo senso di circolarità di tale logica valutativa, che può portare in ultima analisi a dubbi sulla autoreferenzialità di tali valutazioni, ben evidenziata dai critici, nel senso di accreditare un meccanismo che porta gli “scienziati” a valutare se stessi.
Partendo dall’assioma che valutare la ricerca è essenziale e sempre più lo sarà in futuro quanto più scarse saranno le risorse disponibili e che sia corretto tentare di farlo su basi che aspirino quanto meno a logiche “oggettive”, rese operative per quanto possibile con misurazioni, è opportuno domandarsi se la suddetta logica bibliometrica sia il criterio più razionale, specialmente per una scienza applicata quale l’economia aziendale.
Una qualsiasi risposta ci porta a scomodare temi molto antichi quali il rapporto tra la scienza e la società e il ruolo della scienza. Semplificando drasticamente, si può partire dal presupposto che il ruolo della scienza debba essere quello di un avanzamento delle conoscenze utile al progresso della società civile.
Più specificamente, per ogni disciplina vi sarà un certo gruppo di soggetti maggiormente suscettibile di fruire di quell’avanzamento delle conoscenze e di migliorare le condizioni di vita dell’intera società. Definiamo questa componente della società come “utenti primari” dei prodotti scientifici, per distinguerli poi dagli “utenti secondari” che sono i singoli cittadini. Per le scienze aziendali gli utenti primari consistono principalmente nei manager aziendali, nei professionisti, nei consulenti.
Sulla base di questa considerazione, il passaggio non dimostrato e tutto sommato tacito, del metodo bibliometrico è che il data base di prodotti scientifici valutato con l’IF sia:
a) abitualmente consultato dagli utenti primari; quindi
b) compreso nel suo significato, poi
c) ritenuto utile dagli utenti primari; infine,
d) applicato dagli utenti primari nelle rispettive attività.
Il passaggio finale è l’effettiva ricaduta sulla società, sugli “utenti secondari”. Se fosse possibile svolgere una valutazione basata su tale logica si potrebbe stimare il “real impact factor”, o “impact factor on reality”, ossia il grado di influenza di un prodotto scientifico sulla realtà, che in astratto rappresenta la miglior misura della qualità di quest’ultimo.
In realtà questa implicita assunzione circa la ricaduta sugli utenti “primari” richiederebbe una verifica. Non vi sono, specialmente nell’ambito delle scienze sociali, delle analisi volte a verificare che la qualità risultante dal metodo bibliometrico sia effettivamente quella percepita dagli utenti primari e/o che i risultati di tali ricerche trovino riflesso nel mondo “reale”.
In ogni caso, ci sembra troppo importante che la questione di fondo, la possibilità di stimare “un real impact factor”, sia considerata attentamente dalle varie associazioni scientifiche di ambito aziendale, viste le conseguenze reali delle recenti valutazioni sistematiche della ricerca.
Partendo da tale premessa, come mondo accademico siamo interessati a capire se la valutazione degli articoli scientifici da parte degli utenti primari aziendali, intesi secondo le rispettive aree di competenza disciplinare, corrisponde a quella ottenuta dall’applicazione del sopra descritto criterio bibliometrico.
Per far si è dell’idea di proporre a campioni di utenti primari aziendali una valutazione di articoli già pubblicati su riviste scientifiche dell’area aziendale ma riproposti in versione “blind” . Sulla base delle schede di valutazione svolgeremo la comparazione tra la valutazione bibliometrica e quella degli utenti primari. Si fa presente che in primavera 2015 a Londra in collaborazione tra la rivista Financial Reporting e l’ICAEW (Institute of Chartered Accountants of England and Wales) si svolgerà un workshop sul “Real Impact Factor” ove confrontare le esperienze che vari Paesi stanno maturando sul tema.
Chi fosse interessato a partecipare al progetto ricerca può contattare Alberto Quagli all’indirizzo mail: quaglia@economia.unige.it